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LAZIO, LA REGIONE DELLE ESPERIENZE

Il turismo sostenibile rappresenta una chiave di volta indispensabile nella valorizzazione del sistema rurale
di Alessandro Vigliani - Itinarrando quotidianamente pratica quel nuovo paradigma di sviluppo fatto dicompetenze,passione e conoscenza del territorio. Ogni giorno i passi e i sorrisi che riempionoi loro trekking scoprono le kinfinite suggestioni del paesaggio rurale.

Siamo a Roma. Ore 12.00. Il sole è alto, il cielo terso. È un giorno come un altro in Piazza Esedra. Il traffico scorre veloce. I mezzi pubblici tracciano linee. Treni aprono porte e scaricano pendolari. Pendolari salgono su bus stracarichi. Studenti entrano ed escono dalla facoltà di sociologia. Via Salaria. Una manifestazione ingolfa Via dei Fori Imperiali, un automobilista non ci sta e suona il clacson. Rumori cittadini, caos urbano del tutto normale per una città come Roma. Niente di eccezionale.
Più in là, qualche chilometro oltre il raccordo, Roma è quella metropoli che non cogli. È lì, la vedi, la percepisci certo. C’è una vela incompiuta e l’estesa pianura che s’allunga verso l’infinito.
Non c’è il west al di là del raccordo, come nella gucciniana via emilia, ma una regione lenta di pellerossa ancora attaccati alla terra. Paesaggi pariniani di colli, campi coltivati e poi il mare. Una lunga striscia di costa che fa trecentosessanta chilometri. Tre parchi nazionali, 91 aree protette.

Tutto questo si traduce in un fitto dedalo di sentieri, vecchie strade di comunicazione che incontrano agriturismi, aziende agricole, piccoli e medi produttori. Le vie del monachesimo occidentale, a partire da quello di matrice benedettina, incontrano borghi e fendono con il passaggio lento dei camminatori il silenzio e l’abitudine quieta degli arroccamenti laziali. Da Leonessa a Montecassino passando per Poggio Bustone, una delle culle del francescanesimo, è tutto un bel camminare.
L’incontro, la condivisione, l’esperienza della lentezza del Reatino, della Sabina e della Ciociaria come porta d’uscita dalla metropoli. La riscoperta di sapori autentici e distanti dallo sfruttamento di allevamenti massivi e intensivi.

Una biodiversità, quella del Lazio, sancita da una ricchezza paesaggistica di ambienti variegati che va dal mare, tuffandosi anzi nel mare attraverso i balzi di roccia degli Aurunci in provincia di Latina, fino all’entroterra ai confini con l’Abruzzo dove insiste ancora l’esperienza verticale della transumanza, negli occhi, nelle mani, nei racconti di Americo, pastore di Cartore in provincia di Rieti, produttore di formaggio e materiale resistente del Lago della Duchessa. L’esperienza del camminatore sul Cammino dei Briganti tra Lazio e Abruzzo, è impreziosita dal sapersi fermare, apprezzare la lentezza di un caffè con Americo. 
Scendendo a valle non sarà difficile camminare tra gli ulivi, una linea, quella dell’olio, che unisce tutto il Lazio da Nord a Sud. Dalla Sabina e Tuscia, passando per la campagna romana, fino alla Ciociaria e alla provincia di Latina. Una striscia ideale, un territorio continuo fatto di impervie salite, terrazzamenti e terre briganti con un proprio background musicale di ballarelle e saltarelli, segno di una ruralità che non si arrende e non muore asfissiata dall’industrializzazione.
Chitarra, tamburo e fisarmonica per essere guidati sui sentieri attraverso una terra che se a Roma affonda le radici di una civilizzazione moderna, nelle pieghe del Museo Preistorico di Pofi racconta luoghi abitati da Argil 500.000 anni fa e l’esistenza turbolenta dei Volsci nel mito di Ecetra città tra i sentieri lepini tra le province di Frosinone, Latina e Roma, distrutta o sepolta chissà dove.

Se avrete testa, cuore e gambe potrete camminare davvero per tutto il Lazio. Una regione che si fa scoprire meglio con passo lento, magari sorseggiando un rosso cesanese sulle sponde del lago di Canterno o un moscato di Terracina distesi su Picco di Circe a lasciarsi cullare dal suono delle onde.    

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Ruralidea
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