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ERBE AROMATICHE E SPONTANEE: UN PATRIMONIO DA RISCOPRIRE E VALORIZZARE

Obiettivo: un modello agricolo di eccellenza
Katya Carbone, Reserch Scientist del Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria,
approfondisce il tema della valorizzazione delle erbe aromatiche come elemento di sostegno al reddito e di
valorizzazione del paesaggio rurale.

QUALE PUO’ ESSERE IL VALORE AGGIUNTO OFFERTO DALLA PRODUZIONE DI ERBE E PIANTE OFFICINALI NELL’OTTICA DEL SOSTEGNO AL REDDITO DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE AGRICOLE? QUALI POSSONO ESSERE I RISVOLTI POSITIVI IN TERMINI DI INNOVAZIONE DEL PRODOTTO E RAPPORTO CON IL TERRITORIO E LA FRUIZIONE DELLO STESSO?

Innanzitutto, è bene richiamare la definizione di pianta officinale, così come disciplinata dal Testo unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali, ai sensi dell’articolo 5, della legge 28 luglio 2016, n. 154. All’uopo, “con il termine piante officinali si intendono le piante cosiddette medicinali, aromatiche e da profumo, nonché le alghe, i funghi macroscopici e i licheni destinati ai medesimi usi. Le piante officinali comprendono altresì alcune specie vegetali che in considerazione delle loro proprietà e delle loro caratteristiche funzionali   possono   essere   impiegate, anche in seguito a trasformazione, nelle categorie di prodotti per le quali ciò è consentito dalla normativa di settore, previa verifica del rispetto dei requisiti di conformità richiesti”.

Se ne deduce che rientrano in tale definizione un’ampia gamma di specie vegetali, dalle quali è possibile ottenere un’ampia varietà di prodotti per moltissimi mercati. L’integrazione nell’ambito aziendale della coltivazione di essenze officinali offre, quindi, la possibilità di diversificare le attività agricole e di conseguenza il reddito aziendale, spingendo altresì le aziende verso quel concetto di multifunzionalità a cui sempre più spesso ci si riferisce.  È necessario quindi chiarirsi le idee su questi punti (quali prodotti per quali mercati) prima di affrontare un’iniziativa nel settore. Prima di piantare dobbiamo sapere che prodotti vogliamo fare (es: erbe essiccate, oli essenziali, estratti, etc.) e su quale mercato vorremmo collocarli (ingredienti industriali, prodotti finiti, ingredienti di qualità, etc.). L’introduzione aziendale delle colture officinali dovrebbe costituire il presupposto allo sviluppo di filiere completamente integrate a livello locale, che permetterebbe di perseguire obiettivi importanti, come i) il recupero e la tutela della biodiversità anche attraverso il recupero di terreni abbandonati o sottoutilizzati; ii) la creazione di sinergie tra il settore agricolo e quello turistico-salutistico; iii) la diversificazione delle produzioni locali, mediante lo sviluppo di promettenti nicchie di mercato; iv) il mantenimento della popolazione, soprattutto giovanile, sul territorio. 

  1. QUALI SONO GLI OSTACOLI PIU’ GRANDI CHE SI RISCONTRANO AD OGGI NELLA PRATICABILITA’ (SIA TECNICA CHE ECONOMICA) DA PARTE DELLE AZIENDE AGRICOLE DEL PERCORSO CHE LE PORTEREBBE VERSO UNA DIVERSIFICAZIONE PRODUTTIVA CHE GUARDA IN MODO CONVINTO ALLE AROMATICHE/OFFICINALI?

La struttura della filiera delle PO è articolata in tre segmenti fondamentali: 1) produzione e prima trasformazione agricola (oggetto del DL n.75), 2) trasformazione e commercializzazione, 3) distribuzione e vendita al dettaglio. Segmenti che risentono fortemente anche della destinazione d’uso delle PO, che è molteplice e che si traduce nella possibilità di produrre e commercializzare le specie in forma fresca, essiccata e/o come estratti a seconda della richiesta finale, che, laddove se ne prevedrà l’uso in campo umano e/o animale, dovrà anche rispondere ad elevati standard qualitativi e di sicurezza alimentare, per il cui raggiungimento la produzione in biologico è un elemento imprescindibile. Ad oggi, sono poche le realtà produttive e ancora meno quelle in grado di offrire all’industria un prodotto con le caratteristiche richieste (i.e. omogeneità, standardizzazione, continuità della fornitura), quindi ci sono margini importanti di ampliamento. Le ottime proiezioni di crescita del settore (volumi d’impiego: 18000 tonnellate; valore di mercato all’ingrosso: 70 milioni di euro) si scontrano, tuttavia, con numerose criticità, il cui superamento è ad oggi imprescindibile per la realizzazione di una filiera italiana di qualità, sostenibile e competitiva.  La difficoltà maggiore per lo sviluppo della filiera è da ricercare nella complessità di far incontrare un’offerta frammentata, generica e di bassa qualità con una domanda concentrata e specifica. 

Si dovrebbe quindi partire a ritroso, individuando il mercato finale di riferimento, valutando: i) le specie officinali d’interesse; ii) le quantità richieste e la loro tipologia (i.e. fresco, semilavorato, etc); iii) le caratteristiche merceologiche del prodotto fresco o semilavorato di cui le industrie necessitano e che debbono assicurare elevata qualità e “standardizzazione” del prodotto. Quest’ultimo punto rappresenta un elemento essenziale per l’acquisto da parte del fruitore finale e per il quale le aziende agricole devono acquisire un notevole know-how tecnico-produttivo, spesso deficitario.

 

  1. QUALI SONO I RISULTATI PIU’ IMPORTANTI E LE PROSPETTIVE ILLUMINANTI CHE SI POSSONO TRARRE DALL’ESPERIENZA LUCANA SULLE AROMATICHE/OFFICINALI?

L’esperienza lucana ha evidenziato come, anche in territori svantaggiati, sia possibile realizzare un modello agricolo-industriale di eccellenza, anche dal punto di vista della sostenibilità. La presenza sul territorio regionale di una grande azienda di trasformazione di piante officinali è stata il volano per la costituzione di una filiera biologica locale, che mira a preservare il patrimonio di biodiversità regionale, mantenere ed incrementare le produzioni biologiche, definire standard produttivi di eccellenza, secondo le necessità dell’azienda di trasformazione, incentivare la costituzione di reti di agricoltori, riportando i giovani alla terra. In poche parole, la realizzazione di una vera e propria transizione da modelli agricoli disorganizzati alla costituzione di distretti di produzioni d’eccellenza.

  1. QUANTO E’ IMPORTANTE GARANTIRE LA CONSULENZA TECNICA ALLE AZIENDE CHE PUNTANO SU PRODUZIONI INNOVATIVE E POTENZIALMENTE PERFORMANTI COME LE OFFICINALI/AROMATICHE? QUALI SONO GLI AMBITI SU CUI MAGGIORMENTE E’ NECESSARIO SOSTENERE IL KNOW-HOW AZIENDALE?

È fondamentale per chi intende investire in questo settore. Uno dei limiti, infatti, è proprio nella scarsa qualità del prodotto agricolo, che non incontra gli standard merceologici, soprattutto in termini di costanza delle produzioni (i.e. volumi di produzione, parametri analitici, etc), richiesti dalle aziende di trasformazione. È fondamentale nel guidare l’agricoltore alla scelta delle giuste essenze da coltivare, nell’applicazione di protocolli di gestione agronomica attenti alla qualità finale del prodotto ed agli standard di sostenibilità richiesti dalla Comunità Europea, nella scelta del corretto tempo di raccolta e nella gestione del post raccolta, così come in quella dello scarto agricolo in linea con i principi dell’economia circolare. È fondamentale anche per guidare quegli agricoltori che vogliono diversificare nell’attuare processi di trasformazione sostenibili e nel disegnare un prodotto performante, innovativo, capace di garantire un reddito aggiuntivo. Tuttavia, ad oggi sono pochissimi i tecnici specializzati su questi tipi di coltura quindi, il primo passo è sicuramente legato alla formazione del personale tecnico che si troverà poi ad operare sul territorio.

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Ruralidea
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