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L’editoriale a cura di Re.La.Te

Scritto in vari momenti, in differenti luoghi e condividendo prospettive
Matteo Salvadori, studioso della ruralità, da anni attivo con la Cooperativa ELP nelle dinamiche costituenti reti socioeconomiche della dimensione rurale, direttore tecnico del GAL Terre di Argil interpreta le sfumature e le note dello spartito scritto a più mani, a più voci, dai compagni di viaggio della Rete Re.La.Te.

Accolgo, anzi accogliamo – poiché il nostro lavoro è sempre frutto di un percorso condiviso da più teste e da più cuori – con orgoglio e con il giusto timore (la profondità delle tematiche, l’importanza e lo spessore delle analisi e soprattutto dei corrispondenti) la richiesta del Consorzio GRID e da una rete di soggetti attivi in modo differente ma con passione unica nella dimensione rurale, di scrivere l’editoriale per una pubblicazione che vada ad approfondire tematiche legate alle agricolture e allo sviluppo rurale.

Elemento ancor più stimolante è stata la richiesta di cercare di coniugare tematiche e ragionamenti che trovano espressione in questo primo numero di Ruralidea con il percorso e con l’accumulazione di analisi, studi, ed interpretazioni germogliate e ramificate durante il percorso praticato dalla Rete Re.La.Te.

Tutto ciò diviene ancor più stimolante perché nasce da quell’humus culturale e produttivo che sta trovando linfa nel GAL Terre di Argil di cui sono direttore: pertanto una panoramica che non avrà “la giusta distanza”, ma che esprimerà chiaro-scuri, dubbi, precarietà… quella discontinuità che caratterizza una partita. Una partita non è la sintesi che troviamo negli highlight. Una partita è fatta di tempi morti, di fortuna, di abilità… l’importante è aver chiaro l’obiettivo e praticarlo condividendo una chiara strategia con i tuoi compagni di viaggio. Informazione, confronto, analisi rappresentano alcuni degli ingredienti principali che animano Ruralidea. Il desiderio e la volontà di leggere e praticare architetture e sentieri sociali, economici, di governance utili a disegnare in termini costituenti, plurali e reciproci la dimensione rurale sono l’essenza di questo processo.

La pubblicazione (nata con la speranza ed il desiderio di essere strumento di informazione e dissemination) Ruralidea – così come l’omonimo sito internet ed i canali social ad essa connessi – nasce su incipit del network REte LAboratori TErritori (RE.LA.TE) che – in termini non perimetranti ed a geometria variabile – in questi anni ha promosso (direttamente o attraverso esperienze singole o plurali ad essa connesse) vari appuntamenti e luoghi di studio e confronto. Un iter che ha permesso di conoscere, approfondire, connettere esperienze, volti e storie della ruralità laziale. Con contributi e contaminazioni anche da esperienze nazionali e/o europee.

Meeting, inchieste web, dossier di studio, così come le ore e giorni dedicate al brainstorming, al confronto, trascorsi all’interno delle aziende, degli uffici, del Rural Hub GRID, hanno permesso di individuare e condividere alcune di quelle sfide che bisogna necessariamente vincere per dare dignità, competitività e futuro al tessuto socio-economico rurale. La continua costruzione, il ricorrente richiamo ad un lessico comune; la ricerca d “attrezzi e letture” attraverso cui declinare in termini contingenti – ma con traiettorie futuribili ed orizzonti praticabili – sogni e bisogni dell’ambiente agricolo- rurale hanno permesso di individuare e declinare alcuni degli obiettivi e delle sfide imprescindibili per attori, strumenti e politiche rurali. E molte di queste suggestioni, sfumature emergono dagli scritti, dai contributi che arricchiscono le pagine di questo volume; non solo nella profondità e nell’articolazione delle fotografie ma anche nella suggestione dei potenziali scenari. Note ed assoli, pennellate che stimolano e richiedono riflessioni. Non sempre possiamo leggere adagio e senza preoccupazioni lo scenario ed il futuro per le agricolture del nostro Paese, ed in particolare della regione Lazio. E queste tinte più scure rischiano di condensarsi nella prospettiva e nell’interpretazione di quelle politiche e quelle strategie di sviluppo rurale che potrebbero rappresentare una risposta a “quei venti identitari che quotidianamente allontanano i territori e le persone dalla partecipazione e dal senso comune di Europa”.

Per fare questo, per ridare alla PAC – soprattutto, ad oggi, nel suo secondo pilastro – quel ruolo di “frontiera e sperimentazione dei percorsi e delle politiche di un’Europa unita”, è necessario – indubbiamente – riconoscere e dare centralità ai processi ed agli strumenti di condivisione, dissemination, animazione, pratica e costruzione politica di processi e strumenti bottom up. Dare un ruolo alla strategia, alla progettazione, alla costruzione comune tra pubblico e privato, tra economia materiale ed immateriale. La stessa logica e la medesima ratio che sottende questo volume è alla base delle prossime due pubblicazioni di Ruralidea (in calendario per inizio marzo e metà giugno), tutte incentrate sulla possibilità di ,leggere ed interpretare – grazie a scritti e contributi articolati, plurali, forniti da differenti punti di vista – la dimensione rurale nella sua ontologica pluralità; ma, allo stesso tempo, cercare di condividere, interpretare, trovare elementi di sintesi., cunei interpretativi, elementi in grado di connettere e valorizzare quei nodi discontinui, differenti che, però, rappresentano un patrimonio ed un valore unico.

Un patrimonio che fa della piega, del particolare, della possibilità di mettere a reciproco valore esperienze e tinte diverse, la grandiosità di quell’affresco chiamato ruralità. Un affresco che, però, richiede strategia, composizione delle differenze, condivisione di obiettivi e scelte. Un ruolo attivo della politica, della società civile e del tessuto produttivo. Ed in questo senso la pubblicazione cartacea di Ruralidea rappresenta solo una parzialità del percorso complessivo che, invece, vuole essere dinamico, interattivo e plurale in termini continuativi.

Un “ruolo virtuale, una piattaforma web” che permette a singoli, ad associazioni di confrontarsi, di contribuire nella scrittura degli articoli o condividere input e punti di vista.

Uno strumento che nei prossimi anni vorrebbe divenire atelier e solco, laboratorio ed agorà nella costruzione dal basso di quella politica di sviluppo rurale che richiede – per esistere, essere efficacie, non svilendosi nei rivoli di interpretazioni aritmetiche e/o di interessi di prossimità- un continuo lavoro di confronto, un nuovo ruolo ed un nuovo protagonismo dei soggetti dell’intermediazione, un protagonismo reale e non “ a gettone” degli innovation broker, una cooperazione dallo start alla bandiera a scacchi delle istituzioni con il mondo accademico e con “quei soggetti che devono divenire la necessaria cinghia di trasmissione tra elaborazione e prassi.

Un percorso che dovrebbe avere nella propria bussola i seguenti punti cardinali: studio, valorizzazione, composizione delle differenze e strategia. Le parole agricolture e ruralità sono le due compagne di viaggio che accompagnano il lettore in questo viaggio. A volte la loro presenza è forte, costante, continuativa, talaltre è più sfumata; cornice e ponte verso riflessioni e prospettive che rappresentano quel patrimonio e quell’essenza in cui lo spartito richiede l’armonizzazione delle note. Un viaggio in cui non vi sono soste o momenti prioritari; in cui l’articolazione e la pluralità, i diversi paesaggi e confini attraversati sono essi stessi essenza e unicità.

Indubbiamente partire dall’aspetto produttivo – dalle agricolture – è una scelta chiara, così come la volontà di far iniziare la jam session a chi rappresenta quella pluralità e quell’auspicabile sinergia tra differenze che sono cruciali per il comparto agro-alimentare. Allo stesso tempo il passaggio dal solo ambito produttivo ad un’interpretazione ed una valorizzazione amplia e costituente della dimensione rurale, delle attività connesse ai servizi, alla cultura, alla tracciabilità, alla creatività richiede una necessaria centralità ad enti istituzionali eccellenti – come Rete Rurale ed il CREA – di cui il Sistema Italia dispone.

Tutto ciò chiaramente rende imprescindibile quella “vicinanza tra Bruxelles e territori”, tra territori e Regione, che la Politica e le istituzioni (rappresentate da quanti ricoprono con impegno ed oneri tali cariche) possono e devono favorire. Connettere territori, connettere l’Europa è imprescindibile per dare gambe e futuro politiche e programmi di sviluppo rurale. Nella costruzione e nel rafforzamento di quei link, di quelle relazioni, delle scelte economiche e/o di vita che molti attori praticano quotidianamente, dando forza e prospettive al tessuto economico ed al sostrato socio-culturale rurale. Ed il racconto di alcune di queste esperienze in grado, ad esempio, di coniugare la moda con il patrimonio paesaggistico e con il capitale immateriale che ne è l’humus; oppure di praticare percorsi di inclusione offrendo professionalità e servizi di alto profilo al tessuto produttivo agricolo; o ancora l’esperienza di Natura in Tavola in grado di aggregare l’offerta, innalzare la qualità delle produzioni ed il rispetto per ambiente e diritti del lavoro, raffigurano e narrano quelle eccellenze che quotidianamente rendono unica la nostra dimensione rurale. Un’unicità ed una qualità che sono l’essenza del cibo made in Italy; del nostro patrimonio eno-gastronomico. Realizzato e prodotto con le competenze ed il sudore di quanti quotidianamente con garantiscono a tutti noi il cibo. Quanti lavorano in agricoltura.

Quella ricchezza e biodiversità di cui è portatore e promotore l’ARSIAL, un’agenzia che ha nelle corde e che sta valorizzando – non solo in termini di promozione – ma anche di ricerca e di innovazione, il patrimonio produttivo ed enogastronomico laziale. Un patrimonio fatto di differenze da valorizzare e di un’offerta da aggregare attraverso una stretta connessione con la distribuzione e con pratiche di condivisione anche sociali e di governance che emergono con interesse e notevoli suggestioni nei contributi elaborati dal mondo della cooperazione. In un rapporto tra produzione e distribuzione, tra agricoltura e società che deve necessariamente seguire logiche etiche ed ambientali. E la necessità di condivisione, di costruzione di traguardi comuni, della necessaria e continua interazione tra tradizione ed innovazione sono tratti che emergono nelle parole e nelle immagini di alcuni imprenditori che hanno contribuito a questa pubblicazione.

Alcune assenze rappresentano non dimenticanza di RE.LA.TE – che seppur con lacune certe ha tentato di essere inclusiva, poiché convinta che nella sintesi e nel confronto delle differenze risieda un futuro forte – ma di una debolezza identitaria che cerca consensi nell’autorappresentazione. Non crediamo possa essere più questo il futuro della nostra agricoltura e del nostro orizzonte: non serve più parcellizzare ma costruire. E se la produzione agro-alimentare rappresenta il perno e la condizione essenziale non possiamo non porre l’accento sulla scelta del termine agricolture (nella sua declinazione plurale), che non vuole essere un esercizio retorico, ma esprimere la necessità di riconoscere, studiare e definire politiche e strumenti differenti per una produzione maggiormente votata a logiche industriali ed intensive (… cancellando sin da subito la spocchiosa e falsa connessione tra produzione intensiva e mancanza di qualità… in Italia, nel Lazio anche le produzioni intensive garantiscono qualità…) che abbisogna di infrastrutture, trasformazione, catena del freddo, logistica e di quell’agricoltura multifunzionale, di resilienza, votata a produzioni di nicchia che va interpretata e declinata con apposite scelte e strumenti; come da sempre avviene per artigianato ed industria.

Il Paese della biodiversità, delle filiere, dei servizi che compongono più del 25% del volume economico del comparto primario richiede una politica e scelte all’altezza di tale pluralità. Altrimenti la differenza diviene debolezza e/o testimonianza. E le scelte, le prassi volte a dare dignità e forza al tessuto produttivo agricolo non possono prescindere da un rinnovato ruolo dell’intermediazione e della politica. Allo stesso tempo scuole funzionanti, strade illuminate, laboratori sociali e culturali, percorsi formativi ed inclusivi non possono rimanere chimere nei territori non urbani. Devono essere condizioni essenziali. Anche perché la dimensione rurale permette – anzi richiede – (.. e qui il gioco si fa impegnativo…) nuove forme di partecipazione politiche, di presenza delle istituzioni, nuovi paradigmi di sviluppo e nuove letture in cui la partecipazione, la condivisione, il sentirsi soggetti attivi e inseriti nel processo decisionale, sono le condizioni di partenza. Condizioni ed obiettivi raggiungibili esclusivamente attraverso “una scelta, una tensione ed un impegno comune” praticato da istituzioni, mondo della ricerca, imprenditoria agricola e società civile. Rileggere e delineare in modo integrato e non escludente fondi e programmi strutturali è, ad esempio, una condizione necessaria per la ruralità di moltissime aree e territori del Lazio. Così come risulta necessario interpretare in termini postmoderni ed inter-connessi le attività produttive, ponendo in relazione continuativa e progettuale la strategia per industria, agricoltura, servizi, artigianato, logistica.

Soprattutto oggi, soprattutto alla luce del PRNN. E al centro di questi processi non può non essere considerato come fondamentale il capitale umano e le competenze. Il Sapere. Un’importanza che diviene cruciale ed imprescindibile nella costruzione e nel raggiungimento di quell’innovazione sociale che tracima ed emerge da molti degli scritti di quanti hanno contribuito a questa pubblicazione.

Mappa del GAL Terre di Argil
Mappa del GAL Terre di Argil

Il fatto che questa pubblicazione nasca anche dal lavoro fatto da Comuni e soggetti privati che hanno creduto nel GAL Terre di Argil, che abbiamo conosciuto, affiancato, con cui abbiamo dialogato e tutti coloro che fanno vivere in termini economici e sociali il territorio del GAL Terre di Argil. Attori che hanno voluto porre al centro fin dalle prime ore l’innovazione sociale su un territorio che a fronte di problematiche sociali complesse, aldilà dei luoghi comuni, delle facili interpretazioni, questo GAL ha mostrato la volontà e, a mio modesto avviso, la lungimiranza di credere in un progetto: costruire il futuro di donne e uomini che hanno scelto di credere in una ruralità fatta di saperi, competenze, qualità, tradizione ed innovazione, di costruire un territorio in cui “Agricoltura e cultura hanno la stessa radice”, una strategia che sta provando ad accrescere la competitività delle imprese e la qualità del territorio promuovendo un forte processo di innovazione sociale, connettendo attività produttive, capitale immateriale- come quello rappresentato dalle comunità di immigrati da qui in altri Paesi (potenzialità emersa con forza ad EXPO’ 2015), nuove vocazioni e nuove aspettative della popolazione e dei più giovani, che spesso fuori dal mercato del lavoro stanno trovando nelle agricolture e nella ruralità importanti prospettive in grado di coniugare creatività e produzione. Necessariamente attraverso il confronto, la condivisione di progetti, il mentoring e l’accompagnamento dei tecnici, dei Comuni e delle strutture a ciò dedicate. Soprattutto, però, puntando sulle competenze sapendo che “Agricoltura e cultura hanno la stessa radice”.

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Ruralidea
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